Forum della Polizia Penitenziaria

Detenuti “in marcia”, Storia del servizio traduzioni, dall’Arma dei Carabinieri alla Polizia Penitenziaria

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parà folgore
view post Posted on 4/4/2010, 10:43




In occasione della prossima immissione in servizio del nuovo cellulare protetto destinato al trasporto di detenuti sento il bisogno di ripercorrere le tappe storiche del servizio del trasporto detenuti almeno dalla fine degli anni ’70, quando allora giovane direttore di istituto penitenziario venivo trasferito al Ministero per sostituire un anziano funzionario di cancelleria, appena collocato a riposo, che, per l’appunto, si occupava degli appalti dei trasporti carcerari.
All’epoca il trasporto dei detenuti veniva espletato mediante affidamento del servizio ad imprese private, risultate aggiudicatarie di apposite gare indette a livello nazionale e con mezzi di loro proprietà, mentre il servizio delle traduzioni veniva effettuato mediante turnazione programmata dall’Arma dei Carabinieri e dalla Polizia di Stato.
I mezzi che venivano messi a disposizione dalle imprese private erano, nella maggior parte dei casi, dei vecchi e logori furgoni, non attrezzati in maniera specifica per questo delicato servizio, condotti da personale autista della stessa impresa mentre il servizio di traduzione avveniva ad opera del personale dell’Arma o della Polizia di Stato.
Tale situazione negli anni ’78/’79 diventava oggetto di richieste sempre più pressanti da parte di alcuni Uffici degli ispettori distrettuali, predecessori degli attuali provveditori, che lamentavano le pessime condizioni igieniche, di sicurezza e di confort per chi doveva essere trasportato sia in qualità di scorta sia in qualità di detenuto.
In effetti gli automezzi da impiegare per il servizio del trasporto detenuti dovevano corrispondere a determinate caratteristiche tecniche e di sicurezza previste nelle condizioni generali d’appalto, ma molte ditte appaltatrici, in deroga alla normativa contrattuale e sfuggendo ad ogni possibile controllo ministeriale, espletavano il servizio con automezzi completamente difformi da quelli previsti contrattualmente, con ciò arrecando un tale grave nocumento alla sicurezza e all’efficienza del servizio da mettere in serio pericolo la stessa incolumità fisica della scorta, del conducente ed anche dei detenuti.
L’Amministrazione, pur ripetutamente deplorando e denunciando gli illeciti commessi dalle ditte appaltatrici, non era tuttavia in condizioni di controllare efficacemente il servizio data la sua estensione a livello nazionale, derivante anche dall’uso quasi esclusivo del trasporto detenuti a mezzo di autoveicoli.
A fronte poi di episodi drammatici che portarono alla morte di rappresentanti dell’Arma oggetto di vili attentati a Catania nel 1979, a Palermo ed Avellino nel 1982 e dinnanzi all’ultimatum posto dal Comando Generale dell’Arma, che dichiarava la mancata disponibilità a continuare ad espletare il servizio delle traduzioni in assenza di idonei mezzi appositamente elaborati e predisposti, compresa un aliquota di mezzi blindati per il trasporto di detenuti particolarmente pericolosi, l’Amministrazione Penitenziaria si è trovata nella necessità di dover scegliere se procedere all’espletamento di nuove gare, con la richiesta di mezzi particolarmente attrezzati per il servizio del trasporto di detenuti, compresi quelli blindati, con evidente aggravio economico dovuto alla necessità di incrementare notevolmente i prezzi da porre a base d’asta, ovvero decidere di gestire direttamente il servizio del trasporto dei detenuti mediante l’acquisto di idonei mezzi.
La scelta cadde sulla seconda opzione nella considerazione che l’approvvigionamento di mezzi di proprietà dell’Amministrazione, seppur costringeva la stessa ad un esborso economico altissimo, comunque consentiva, una volta proceduto all’approvvigionamento dei mezzi ritenuti necessari, di continuare ad effettuare il servizio per il lasso di tempo legato al normale turnover dovuto al logorio dei mezzi, con l’accollo delle sole spese di gestione. È evidente che se la scelta fosse caduta sull’altra ipotesi l’Amministrazione avrebbe dovuto comunque affrontare e tener conto di una lievitazione altissima dei canoni da corrispondere per il servizio dato in appalto sino al termine dell’affidamento stesso.
Rimaneva comunque il problema di stabilire a chi affidare la gestione tecnica economica del mezzo, relativamente ai costi legati all’esercizio e alla manutenzione degli stessi, dove ricoverarli, e soprattutto a chi farli condurre.
Occorre considerare che a quel tempo l’Amministrazione non disponeva di un servizio motorizzazione adeguato e pronto professionalmente, per cognizione contabile tecnica ed operativa, a gestire direttamente ed autonomamente un servizio del tutto nuovo sia come contenuti tecnici sia come dimensioni in termini finanziari, strumentali e di risorse umane.
Sulla scorta di tali considerazioni si chiese al Comando Generale dell’Arma la propria disponibilità ad espletare il servizio delle traduzioni con mezzi acquistati dal Ministero di Grazia e Giustizia e condotti da personale del Corpo degli agenti di custodia. All’esito negativo di tale richiesta si propose al Comando Generale dell’Arma l’affidamento delle procedure per l’acquisto, la gestione e la conduzione dei mezzi di proprietà del Ministero di Grazia e Giustizia. A fronte di ciò il Ministero si impegnava a rimborsare all’Arma tutte le spese relative alla gestione e alla manutenzione dei mezzi destinati al servizio dei trasporti carcerari.
Fu così che il Comando Generale dell’Arma, in accoglimento della richiesta sopra riportata, predispose il primo capitolato per l’acquisto di furgoni, blindati e non, da destinare al trasporto di detenuti, con caratteristiche estetiche, colori ed identificativi, identici a quelli degli altri mezzi in dotazione all’Arma. Caratteristica di tutti i mezzi così approvvigionati dall’Arma era quella di disporre di doppia targa militare, una esposta sul veicolo: EI e l’altra registrata sul libretto veicolare, ma non esposta: A. di C. Tale doppia immatricolazione militare si rendeva necessaria in quanto il mezzo di proprietà del Ministero di Grazia e Giustizia, quale mezzo speciale ai fini del codice della strada, doveva essere doverosamente immatricolato nel registro automobilistico del Corpo degli Agenti di Custodia, mentre l’affidamento di esso all’Arma e, quindi, la sua conduzione da parte dei Carabinieri, rendeva necessaria l’immatricolazione dello stesso quale mezzo del Ministero della Difesa con conseguente applicazione della targa EI.
In tale situazione l’Amministrazione della Giustizia interveniva soltanto al momento della stipula del contratto che veniva firmato da un rappresentante dell’Amministrazione in nome e per conto del Ministero di Grazia e Giustizia e successivamente sotto l’aspetto contabile per il rimborso delle spese sostenute e dichiarate dall’Arma per l’espletamento del servizio trasporto di detenuti.
Di fronte però ai rilievi dell’organo di controllo che eccepiva il mancato rispetto delle norme di contabilità di Stato che non consentono ad un’Amministrazione dello Stato, nella fattispecie il Ministero di Grazia e Giustizia, di cedere un proprio bene ad un’altra Amministrazione, il Ministero della Difesa, è stato necessario procedere alla predisposizione di un idoneo strumento normativo al fine di superare i giusti rilievi della Corte dei Conti.
Nello schema del disegno di legge, predisposto dallo scrivente unitamente alla relazione illustrativa di accompagnamento, veniva però precisato il carattere temporaneo dell’affidamento in uso all’Arma dei carabinieri dei mezzi di proprietà del Ministero di Grazia e Giustizia destinati al trasporto dei detenuti, affidamento che comunque avrebbe avuto termine con l’acquisizione diretta del servizio del trasporto dei detenuti con mezzi ed uomini del Corpo degli Agenti di Custodia.
Il disegno di legge presentato dal governo divenne legge nell’aprile del 1984 e, pertanto, dal 1 giugno dell’84 il servizio delle traduzioni e del trasporto dei detenuti avvenne ad opera esclusiva dell’Arma dei Carabinieri con mezzi scelti, progettati ed allestiti da quella Amministrazione sulla base dell’esperienza maturata negli anni precedenti durante l’espletamento del servizio delle traduzioni. L’acquisto degli automezzi con i relativi equipaggiamenti veniva effettuato dall’Arma con imputazione diretta sui capitoli di spesa del Ministero di Grazia e Giustizia. Ugualmente gli oneri relativi alla manutenzione, riparazione, acquisto dei carbolubrificanti, assicurazione ed ogni altra spesa di gestione venivano posti a carico dei competenti capitoli di spesa del Ministero di Grazia e Giustizia.
Tale situazione è venuta a cessare con l’entrata in vigore della legge di riforma dell’Amministrazione Penitenziaria, la Legge 395/90 che ha istituito il Corpo di Polizia Penitenziaria, Corpo di polizia ad ordinamento civile, che ereditava tutti i compiti precedentemente assegnati al disciolto Corpo degli Agenti di Custodia con l’aggiunta di altri importanti e qualificanti compiti quale quello delle traduzioni e del piantonamento dei detenuti e degli internati.
Dal 1991 è cominciato un lungo periodo, durato circa sei anni, durante il quale è iniziata l’opera di restituzione dei mezzi destinati al trasporto dei detenuti da parte dell’Arma dei Carabinieri, e contestualmente ha avuto inizio il programma di approvvigionamento di nuovi mezzi da destinare a tale servizio da parte dell’Amministrazione Penitenziaria.
Durante tale fase si è assistito anche ad un graduale affiancamento degli uomini della penitenziaria al personale dell’Arma al fine di acquisire ed affinare quelle tecniche operative indispensabili per assicurare un corretto e sicuro espletamento del delicato e particolare servizio delle traduzioni e del trasporto dei detenuti.
Ciò consentiva all’Amministrazione di partire non da zero ma dall’esperienza sino ad allora maturata dall’ Arma dei Carabinieri, con in più quel valore aggiunto che solo il personale dell’Amministrazione Penitenziaria
poteva assicurare professionalmente: la conoscenza dell’universo carcerario inteso come conoscenza delle strutture penitenziarie e di quelle tecniche operative, custodialistiche ed al contempo trattamentali, di chi istituzionalmente era ed è deputato al controllo e alla sorveglianza dei detenuti ristretti negli istituti di pena.
Questo consentiva all’Amministrazione Penitenziaria di progettare i nuovi mezzi destinati a sostituire gradualmente quelli restituiti dall’Arma, tenendo conto dello status di polizia ad ordinamento civile del neo istituito Corpo nonché di compiti istituzionali ad esso affidati.
Nello studio, nella progettazione e realizzazione dei nuovi automezzi si è cercato, per quanto possibile, di conciliare le due esigenze primarie della sicurezza: quella legata ad esigenze di ordine pubblico e quella vincolata dalle disposizioni normative del codice della strada.
La prima modifica apportata a tali automezzi è stata quella dettata dall’esigenza di assicurare un maggior confort al personale di scorta, sul presupposto che un servizio svolto in condizioni ambientali appropriate consente al personale di espletare i propri compiti istituzionali con maggiore dedizione ed attenzione.
È stata, quindi, modificata la disposizione dei posti a sedere riservati al personale di scorta, non più panche laterali contrapposte che montate sopra i passaruote risultavano alte dal pavimento, con la duplice conseguenza da un lato di non consentire un adeguato ed immediato controllo visivo dei detenuti e dall’altro un confort abitativo bassissimo dovuto sia al fatto di aver lo sguardo rivolto non fronte marcia, ma lateralmente in contrapposizione all’altro collega, sia al fatto di non aver un adeguato appoggio per i piedi a causa dell’altezza delle panchine laterali.
Le panche venivano sostituite da comode poltroncine disposte fronte marcia, montate sul piano di calpestio del mezzo e non sui passaruote, munite di spalliera reclinabile, di poggia testa e di cinture di sicurezza. L’illuminazione interna veniva ampliata con l’aggiunta di quella a luce blu, più riposante per le ore notturne.
Nelle successive forniture si cercava di migliorare l’impianto di aria condizionata con l’aggiunta di numerose bocchette nel vano destinato alla scorta.
Il desiderio di migliorare ulteriormente il confort qualitativo di marcia, induceva l’Amministrazione a richiedere nei nuovi capitolati tecnici un impianto di condizionamento maggiorato per assicurare una sufficiente circolazione dell’aria anche nel vano scorta.
Nelle successive versioni si studiava una postazione specifica, da allocare nel vano scorta, da destinare al capo scorta in modo tale da offrire allo stesso la possibilità di gestire direttamente tutte quelle apparecchiatura destinate ad assicurare la massima sicurezza ed il massimo controllo durante l’espletamento del servizio delle traduzioni.
Anche sui furgoni blindati si cercava di migliorare la qualità dell’habitat con un’attenzione particolare al confort climatico e acustico. I furgoni protetti venivano blindati con la sovrapposizione di lastre di acciaio balistico saldato sulla lamiera o meglio sulla struttura originaria del mezzo. Tale operazione provocava degli inconvenienti quali: fenomeni di ruggine nei punti di saldatura, fenomeni di rimbombo dovuti al diverso grado di deformazione del materiale balistico e non, causa anche di fastidiose vibrazioni all’interno del veicolo.
Per rendere più accettabile il confort all’interno del veicolo si chiedeva alla ditta di incrementare l’insonorizzazione del motore e di limitare il rumore dovuto alla vibrazione delle porte scorrevoli delle celle mediante l’applicazione di rotelle in teflon di per sé meno rumorose di quelle in ferro. Si richiedeva altresì di limitare il fenomeno del rimbombo mediante l’applicazione di telai di rinforzo atti a rendere più rigida la lastra di acciaio balistico, con conseguente inevitabile aggravio di peso sulla massa del veicolo e l’applicazione di ulteriori punti di saldatura, fonte di successivi probabili punti di ruggine.
Per rendere più sicuro il mezzo protetto in caso di tamponamento, si studiava e si progettava la idonea collocazione di una botola atta ad assicurare una via di fuga ai trasportati in caso di blocco delle portiere con possibilità di apertura della botola soltanto dall’esterno.
Sul veicolo blindato si studiava la possibilità di incrementare la portata di aria condizionata mediante la predisposizione di un compressore autonomo da destinare al vano scorta/detenuti, cosa che, se da una parte contribuiva a migliorare la qualità abitativa del mezzo, dall’altra comportava inevitabilmente un maggior assorbimento di potenza del motore a scapito dei consumi e della durata dello stesso.
Proprio per superare tutte queste deficienze riscontrate con l’esperienza maturata sul campo si è pervenuti allo studio di un capitolato tecnico concernente la realizzazione di moduli amovibili dotati di materiali innovativi atti a mantenere inalterate nel tempo le caratteristiche di efficienza, funzionalità e di protezione balistica, su un mezzo da destinare al trasporto di detenuti, studio oggetto di un PEA presentato dalla Direzione Generale dei Beni e dei Servizi nell’anno 2003.
Il PEA si poneva come obiettivo l’innovazione e il potenziamento tecnologico a supporto dei servizi istituzionali dell’Amministrazione nel quadro di un necessario contenimento della spesa pubblica e di un sostanziale miglioramento della qualità dei servizi istituzionali del Corpo di Polizia Penitenziaria.
In pratica lo studio ha evidenziato come alcuni dei materiali balistici compositi, costituiti da fibre e matrice polimerica, hanno contestualmente anche buone caratteristiche come isolanti termoacustici.
In particolare tale caratteristica è riscontrabile nei materiali a matrice di resina fenolica, che possiedono caratteristiche di resistenza meccanica sufficiente per costruire strutture autoportanti. Utilizzando tali materiali è possibile costruire strutture e sottogruppi che hanno sia prestazioni balistiche adeguate sia buone caratteristiche meccaniche e di isolamento termoacustico. Da qui l’idea di realizzare uno “shelter” composto da pannelli preformati, prodotti per stampaggio, uniti per mezzo di adesivi strutturali, minimizzando le zone di giunzione.
In definitiva lo studio di questi materiali tecnologicamente avanzati e lo studio della struttura a “sandwich” dello shelter, finalizzati alla protezione balistica congiuntamente all’isolamento termoacustico dell’ambiente esterno, consentivano di assicurare il massimo confort al personale trasportato, che, quindi, poteva effettuare il servizio delle traduzioni in condizioni abitative all’interno dello shelter assolutamente ottimali.
Lo studio effettuato per la realizzazione del PEA è stato successivamente ripreso ed utilizzato per la stesura dei capitolati tecnici posti a base della gara che è stata espletata recentemente per la fornitura degli innovativi cellulari protetti, da destinare al trasporto di detenuti, di prossima consegna al Corpo di Polizia Penitenziaria.
L’aspetto innovativo di tali mezzi, rispetto ai precedenti già utilizzati per il trasporto di detenuti, consiste nella possibilità di progettare e realizzare ex novo il modulo vano scorta/detenuti contrariamente a quanto succedeva in precedenza ove le dimensioni del mezzo già assemblato, in quanto strettamente di serie, imponevano adattamenti spesso insoddisfacenti.
Il modulo realizzato, simile ad un cubo, consente di sfruttare in maniera ottimale tutti gli spazi interni che risultano oltretutto anche facilmente pulibili disponendo di superficie calpestabile assolutamente piana ed il suo posizionamento sul telaio a longheroni realizzato con bloccaggi amovibili consente, al termine del servizio operativo della meccanica dell’automezzo, il suo reimpiego su altri vettori.
A tutt’oggi, invece, capita spesso di vedere demoliti automezzi protetti e non, la cui parte meccanica risulta deteriorata mentre quella destinata al vano scorta/detenuti, nella maggior parte dei casi, risulta ancora in buone condizioni.
A queste già di per sé positive caratteristiche si affianca la nuova concezione della protezione balistica, non più sovrapposta all’acciaio del veicolo mediante punti di saldatura oggetto nel tempo di formazione di ruggine e di fastidiosi fenomeni di rimbombo all’interno della struttura abitativa, ma collocata all’interno e quindi annegata tra due pannelli preformati con poliuretano ad alta densità e superfici ad alta resistenza in fibra di vetro con impregnante polimerico, atte a garantire una vita quasi illimitata del modulo.
Inoltre, l’utilizzo di materiali compositi tecnologicamente avanzati ad alta resistenza, riduce il peso complessivo di circa il 50% rispetto agli attuali allestimenti, pure in presenza di una protezione balistica di tipo superiore (B4 Super ovvero resistenza Kalashnikov).
In ultimo nello studio della decorazione esterna del mezzo, la così detta livrea, lo scrivente, che ormai da anni cura personalmente la ideazione e la progettazione della stessa per tutti i mezzi terrestri e navali del Corpo, ha cercato di correggere, rendendole più morbide e meno aggressive, le linee necessariamente squadrate del veicolo, in un ottica complessiva di eleganza e sobrietà.

Direttore Ufficio III della Direzione Generale Risorse Materiali dei Beni e dei Servizi
 
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